IL COUNSELING NUTRIZIONALE

Il counseling nutrizionale è un approccio che si basa non solo sulle conoscenze scientifiche, ma anche sulla comunicazione e sulla relazione relazione. Ha come obiettivo aiutare a superare una delle maggiori difficoltà che le persone riscontrano quando si trovano di fronte ad un cambiamento (nello specifico di stile alimentare): conservare nel tempo i risultati raggiunti.

Intraprendere un percorso dietoterapico, infatti, significa dover applicare indicazioni alimentari spesso molto rigide rispetto alle proprie abitudini, radicate negli anni, e questo a lungo andare può creare delle difficoltà che possono portare ad abbandonare la dieta con la conseguenza di riprendere il peso perso (se non di più) e riacquistare rapidamente le “cattive abitudini”.

Questo tipo di intervento permette il superamento della dieta come semplice strumento di dimagrimento, ma la rende ciò che in effetti dovrebbe essere: STILE DI VITA. Ormai sappiamo che uno stile di vita non corretto e quindi anche cattive abitudini alimentari si associano a danni per la salute, per questo è particolarmente importante soprattutto in determinati casi modificare quei comportamenti sbagliati

In questo modo la persona non “delega la propria salute” all’esperto, ma viene coinvolta attivamente nel processo di cambiamento. La dieta non è più una serie di regole da seguire, ma un percorso di apprendimento, conoscenza e cambiamento, in pratica una vera e propria EDUCAZIONE ALIMENTARE. La persona viene, infatti, messa al centro dell’attenzione e da soggetto passivo (come nelle diete tradizionali) diventa “attore” centrale che, insieme al Counselor, va a costruire il proprio nuovo stile alimentare. Per questo è importante concentrarsi sulla persona e ad andare a ricercare, tramite la relazione e il dialogo, mai giudicante, come una specifica persona con le sue peculiari caratteristiche possa concretamente abbracciare il nuovo schema alimentare, approfondendo tutti gli aspetti (anche quelli che solitamente non vengono esplorati in un tradizionale incontro con un dietista) che vanno a determinare le scelte alimentari.

Paziente e counselor individuano insieme le difficoltà, ricercano le soluzioni possibili e concordano strategie specifiche per il loro superamento.
Nei percorsi di counseling nutrizionale vengono valorizzati i punti di forza della persona, affrontati i momenti critici e i passaggi delicati, partendo dal presupposto che non è sempre facile affrontare un cambiamento di stile di vita.

L’efficacia di questo tipo di approccio e quindi l’aderenza al piano dietetico, si basa molto sulla capacità di comunicare e di rapportarsi con i pazienti, di riconoscere i loro bisogni e le loro aspettative e infine di stabilire una relazione. Il professionista deve essere in grado di sostenere i successi terapeutici, enfatizzare i vantaggi del cambiamento, valorizzare il percorso fatto e soprattutto aiutare a prevenire le ricadute, che fanno naturalmente parte del percorso, e che proprio per questo non devono portare a colpevolizzare il paziente ma anzi ad analizzare, insieme a lui, le cause dell’insuccesso per eliminarle e riprendere il percorso terapeutico.

 

DIETA IPERPROTEICA

La dieta iperproteica è un particolare regime alimentare caratterizzato da un ridotto consumo di carboidrati abbinato ad un aumentato apporto di proteine e di conseguenza di grassi (contenuti nei principali alimenti proteici).
Secondo le linee guida la dose corretta di proteine da assumere nell’arco di una giornata è pari a circa il 10-15% dell’apporto calorico giornaliero. Tale dose corrisponde ad un apporto proteico pari a 0,8-1,2 g di proteine per Kg di peso corporeo.
Con una dieta iperproteica l’apporto è di circa  1,8-2,2 g/Kg.
La dieta iperproteica ha principalmente due campi di applicazione:
– dimagrimento
– allenamento
– DIMAGRIMENTO
Molto spesso si pensa che una dieta iperproteica sia di base una dieta dimagrante, ma in realtà per essere tale, un qualunque tipo di alimentazione, deve prevedere una riduzione calorica rispetto all’assunzione abituale.
Se la quantità di calorie assunte sotto forma di carboidrati e lipidi è sufficiente a coprire le richieste energetiche, l’eccesso di proteine può trasformarsi in grasso di deposito (dieta iperproteica e ipercalorica).
Se la quantità di energia assunta sotto forma di carboidrati e lipidi non è sufficiente a coprire le richieste energetiche l’eccesso di proteine viene invece utilizzato per ricavare energia (dieta iperproteica ipocalorica).
Le proteine hanno diverse funzioni:
azione plastica, costituiscono numerose parti dell’organismo umano (come ad esempio cellule, muscoli, organi, capelli, unghie)
azione bioregolatrice, formano sostanze organiche (come ad esempio ormoni, enzimi e anticorpi) che modulano importanti processi fisiologici (espressione DNA e RNA, trasporto molecolare, risposta immunitaria, contrazione muscolare).
azione energetica, in caso di digiuno prolungato o di diete ipocaloriche a basso apporto di carboidrati, fungono da substrato energetico!
– ALLENAMENTO
Questo tipo di regime alimentare è molto diffuso in ambito sportivo proprio per il ruolo plastico delle proteine contenute negli alimenti.
Solitamente gli sportivi, soprattutto quelli che si allenano, con l’intenzione di aumentare la massa muscolare, e quindi sovraccarichi, ricorrono a regimi di questo tipo per l’azione delle proteine sul muscolo (favoriscono la sintesi di ormoni anabolizzanti che quindi stimolano la crescita muscolare).
Poiché le proteine a più elevato valore biologico sono quelle di origine animale, l’aumento dell’apporto proteico attraverso la dieta si associa spesso ad un aumento di grassi (soprattutto saturi, quelli dannosi per la salute perché associati ad aumentato rischio cardiovascolare). Per questo motivo spesso gli sportivi ricorrono ad integratori proteici sintetici (che hanno valori nutrizionali selezionati)
Perché scegliere la dieta proteica?
– I protidi hanno un maggior potere saziante rispetto a glucidi e lipidi (quindi ci si sazia prima, anche in caso di dieta ipocalorica).
– Una dieta iperproteica permette di mantenere più stabile la glicemia il che determina una ridotta sensazione di fame (dovuto all’abbassamento della glicemia che segue un pasto a base di carboidrati).
– I protidi hanno un potere termogenico maggiore rispetto agli altri macronutrienti (determinano quindi un maggior consumo energetico per i processi di digestione assorbimento aumentando così la termogenesi indotta dalla dieta.
– Una dieta iperproteica può essere utile come dieta dimagrante per chi ha difficoltà a gestire la riduzione calorica proprio per il maggior potere saziante.
– Una dieta iperproteica può essere utile per ridurre la perdita di massa muscolare nel caso di diete ipocaloriche che inducano un rapido e abbondante dimagrimento.
– Una dieta iperproteica può essere utile perché mantenere un buon livello di massa magra permette di mantenere un buon metabolismo basale.
MA
– Una dieta iperproteica non è adatta a tutti! In caso di problemi pregressi epatici o renali non è il caso di iniziare un regime di questo tipo.
– L’eccesso proteico soprattutto di derivazione alimentare si associa ad un aumento dell’assunzione di grassi saturi che sono correlati con un aumentato rischio cardiovascolare.
– Una dieta iperproteica proprio perché implica un maggior consumo di alimenti di origine animale favorisce lo sviluppo di allenamenti intensivi che a loro volta incentivano la nascita di coltivazioni monocultura necessari per sfamare il bestiame degli stessi allevamenti intensivi e questo crea un enorme inquinamento ambientale che si accompagna ad una serie di effetti negativi per il mondo intero.
FONTI

EFSA, Scientific Opinion on Dietary Reference Value for protein

Ministero della Salute LINEE GUIDA SUGLI ALIMENTI A FINI MEDICI SPECIALI (AFMS)

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

Alimentazione fitness e salute, Marco Neri, Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, Elica editrice.

Body Composition Changes in Weight Loss: Strategies
and Supplementation for Maintaining Lean Body
Mass, a Brief Review, Darryn Willoughby, Susan Hewlings, Douglas Kalman.

FALSI MITI LEGATI ALL’ALIMENTAZIONE – I CARBOIDRATI FANNO INGRASSARE

Abbiamo già parlato di falsi miti, ossia credenze nei confronti dell’alimentazione prive di fondamento scientifico e quindi facilmente smentibili.

Oggi affrontiamo quelli relativi ai carboidrati, che, come visto nel precedente articolo sono macronutrienti importanti per l’organismo soprattutto perché utilizzati come primaria fonte energetica (forniscono circa 4 Kcal per g).

Una volta assunti vengono metabolizzati e trasformati in glucosio e immessi nel circolo ematico attraverso il quale raggiungono le cellule dove poi vengono effettivamente utilizzati.

Il mito vuole i carboidrati responsabili di qualsiasi aumento di peso perché, appunto:

I CARBOIDRATI FANNO INGRASSARE (SOPRATTUTO SE ASSUNTI LA SERA)

Innanzitutto c’è da specificare che non esistono alimenti che fanno ingrassare, così come non esistono alimenti che fanno dimagrire. le variazioni della composizione corporea e quindi l’aumento o la diminuzione di massa grassa dipendono da un bilancio calorico in eccesso o difetto che si protrae nel tempo! Quindi non è il singolo alimento (che poi comunque contiene al proprio interno diversi macronutrienti e non solo carboidrati) che ci fa ingrassare ma è un eccesso calorico, a carico di tutti gli alimenti che assumiamo, nel lungo termine.

Detto questo è anche vero che togliere i carboidrati fa dimagrire! perché si riducono le calorie!! (ad esempio un piatto di pasta in bianco fornisce circa 400kcal – che se tolte da un apporto calorico giornaliero determinano un deficit tra introito e dispendio energetico e quindi un dimagrimento!) MA la stessa cosa succederebbe se si togliessero le stesse calorie da altri nutrienti!!

La riduzione calorica rispetto a quella abituale e quindi il deficit calorico che innesca il dimagrimento non l’eliminazione di un macronutriente dalla propria dieta!!

Per quanto riguarda poi il fatto che se assunti la sera facciano ingrassare ancora di più c’è da dire che l’effetto sull’organismo è sempre lo stesso a prescindere dall’orario di assunzione! anche perché il consumo energetico durante il sonno non è poi così diverso da quello di un’attività giornaliera sedentaria, come lo stare seduti ad una scrivania davanti a un computer quindi i carboidrati assunti a pranzo o cena hanno lo stesso destino energetico.

In più se vogliamo i carboidrati assunti la sera hanno anche dei vantaggi!

Sono più digeribili degli alimenti proteici! quindi consumare un piatto di pasta a cena invece di una bistecca ci eviterebbe di andare a dormire con lo stomaco impegnato nella digestione! Ovviamente a condizione che non si facciano condimenti eccessivamente grassi che potrebbero rendere difficile la digestione!

Inoltre i cereali contengono sostanze come il triptofano che fungono da precursori della serotonina (cosiddetto ormone del buonumore) che induce il rilassamento e quindi concilia il sonno! Motivo per quale per chi ha problemi di insonnia o difficoltà ad addormentarsi è anzi consigliato assumerli la sera!

FONTI

Introduzione alla biochimica di Lehninger, Zanichelli.

Fondamenti di biochimica, Peck Ritter, Zanichelli.

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

Advanced body composition assessment: from body mass index to body composition profilin, Magnus Borga, Janne West, Jimmy D Bell, Nicholas C Harvey, Thobias Romu, Steven B Heymsfield, Olof Dahlqvist Leinhard.

Application of Nutrient Essentiality Criteria to Dietary Carbohydrates, Justin Tondt, William S. Yancy, Eric C. Westman, the nutrition society.

 

 

I CARBOIDRATI

I carboidrati o glucidi, appartengono insieme ai grassi o lipidi e alle proteine o protidi, ai macronutrienti, ossia sostanze energetiche necessarie al nostro organismo in quantità abbastanza elevate. 

Questi nutrienti si trovano all’interno di alimenti di origine vegetale come ad esempio:

  • cereali
  • legumi
  • tuberi
  • ortaggi
  • frutta

Sono classificabili in base alla loro composizione chimica in due tipologie:

  •  Carboidrati semplici o zuccheri assorbiti rapidamente, determinano un rapido innalzamento della glicemia e sono quindi utilizzati come energia di pronto impiego. Le linee guida ne consigliano un’assunzione inferiore al 10% dell’apporto totale giornaliero per via del fatto che risultano correlati all’insorgenza di diverse patologie. I carboidrati semplici possono a loro volta essere suddivisi in:
    • Monosaccaridi, dalla struttura chimica molto semplice, come glucosio, fruttosio e galattosio. Il glucosio rappresenta la forma più semplice nella quale devono essere scomposti tutti gli altri zuccheri affinché possano per essere utilizzati a scopo energetico dall’organismo.
    • Disaccaridi, formati dall’unione di due monosaccaridi, come saccarosio formato da glucosio + fruttosio, lattosio formato da glucosio + galattosio e maltosio formato da glucosio + glucosio.
    • Oligosaccaridi, formati da due a dieci molecole di monosaccaridi, come le maltodestrine solitamente utilizzare come integratori energetici in ambito sportivo.
  • Carboidrati complessi – a più lenta digestione, rilasciano energia gradualmente. sono formati dall’unione di 10 o più monosaccaridi e si possono dividere in:
    • Polisaccaridi, come amido, glicogeno e fibre.
      • Amido: l’unico digeribile dall’uomo, che si trova all’interno di alimenti come i legumi i cereali e tuberi.
      • Glicogeno: rappresenta una riserva epatica e muscolare di glucosio cui attingere quando si abbassano i livelli di glicemia.
      • Fibre: sostanze che l’organismo umano non è in grado di digerire e che quindi arrivano all’intestino intatte. le fibre possono essere a loro volta classificate come:
        • Solubili che una volta arrivate all’intestino gelificano aumentando la massa fecale, interferiscono con l’assorbimento di alcuni nutrienti, come colesterolo e glucosio, favoriscono la sazietà e agiscono da prebiotici sulla flora batterica intestinale. Sono fibre solubili le pectine le gomme e le mucillagini.
        • Non solubili che assorbono acqua a livello intestinale ammorbidendo e aumento il volume della massa fecale stimolando la motilità intestinale e quindi l’evacuazione. Rientrano in questa classe la cellulosa l’emicellulosa e la lignina.

I carboidrati rappresentano la principale fonte energetica per l’organismo ed è quindi importante assumerne una dose tale da soddisfarne il bisogno quotidiano!

 

FONTI

Introduzione alla biochimica di Lehninger, Zanichelli.

Fondamenti di biochimica, Peck Ritter, Zanichelli.

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

 

FALSI MITI LEGATI ALL’ALIMENTAZIONE – BERE ACQUA CALDA E LIMONE LA MATTINA A DIGIUNO

Di alimentazione si parla sempre tanto, spesso però senza avere una vera conoscenza dell’argomento, motivo per il quale c’è tanta disinformazione a riguardo, che è la causa della diffusione dei cosiddetti falsi miti!

I falsi miti non sono altro che credenze nei confronti dell’alimentazione prive di qualsiasi fondamento scientifico, spesso originate da retaggi del passato ma a volte anche per puro scopo di marketing nella speranza di convincere potenziali clienti ad acquistare quella bevanda dai mistici poteri detox o quel tipo di alimento dai magici poteri dimagranti!

In questa sede ne tratteremo solo alcuni, forse i più comuni, quelli che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo sentito dire:

BERE ACQUA CALDA E LIMONE LA MATTINA A DIGIUNO

Secondo il falso mito questa abitudine servirebbe per attivare il metabolismo, disintossicare, drenare e infine migliorare la digestione. Affrontiamo punto per punto per capire perchè questo è a tutti gli effetti un falso mito.

Per quanto riguarda il metabolismo, innanzitutto è bene chiarire che il termine metabolismo di per sè ha poco significato. Se con metabolismo si intende il consumo energetico giornaliero A RIPOSO bisogna specificare che si tratta di METABOLISMO BASALE, se invece si intende il dispendio energetico giornaliero TOTALE è il caso di spiegare che questo deriva da diversi fattori, quali METABOLSIMO BASALE, TERMOGENESI INDOTTA DALLA DIETA – TID E TERMOGENESI INDOTTA DALL’ESERCIZIO FISICA – TIE.

Ma cerchiamo di definirli meglio.

Il Metabolismo Basale MB rappresenta il consumo energetico di un organismo in stato di assoluto riposo, dipende da fattori personali quali sesso (l’uomo ha un MB più alto rispetto alla donna) all’età (con l’aumentare degli anni il MB si riduce) e dalla massa muscolare (massa metabolicamente attiva, quella cioè che determina consumo energetico, quindi maggiore sarà la massa muscolare maggiore sarà il MB)

la Termogenesi indotta dalla dieta TID rappresenta l’energia che un organismo consuma per alimentarsi (noi consumiamo energia per mangiare digerire e assorbire i vari nutrienti presenti nei cibi che mangiamo)!

la Termogenesi indotta dall’esercizio fisico TIE rappresenta il dispendio energetico di un organismo dovuto alle varie attività che svolge quotidianamente (ogni attività determina un consumo energetico, anche il semplice stare in piedi, lavare i piatti o passare l’aspirapolvere). più ci muoviamo durante il giorno e maggiore sarà la TIE e quindi il dispendio energetico.

Detto questo viene da se che nè l’acqua calda nè il limone posso influire in alcun modo su questi fattori, e di conseguenza non possono avere alcun effetto sul metabolismo che sia basale o generale!

Parlando invece dell’azione drenante e disintossicante c’è da dire che qualunque liquido esercita un’azione di questo tipo, più liquidi si assumono e più ne vengono eliminati e con loro le scorie e i batteri (riducendo il rischio di infezioni).

Per quanto riguarda la digestione, al mattino, dopo diverse ore di digiuno lo stomaco è vuoto e non ha nulla da digerire!!

Quindi in definitiva questa abitudine non ha nessun effetto positivo per la salute anzi può solo essere dannosa.

Il limone assunto a stomaco vuoto potrebbe avere un effetto irritante per via dell’acido citrico che può danneggiare la mucosa gastrica il cavo orale e lo smalto dei denti per l’azione corrosiva.

FONTI

Introduzione alla biochimica di Lehninger, Zanichelli.

Fondamenti di biochimica, Peck Ritter, Zanichelli.

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

 

MALNUTRIZIONE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la malnutrizione come:

uno stato di squilibrio, fra il rifornimento di nutrienti e di energia − scarso o eccessivo − e il fabbisogno del corpo necessario per assicurare la salute e la funzionalità degli organi vitali

Squilibrio che se permane per un tempo troppo lungo può portare a complicanze anche gravi per la salute, con un peggioramento della qualità della vita e un incremento della mortalità.

Il termine comprende perciò sia i danni da deficienza alimentare (malnutrizione per difetto) caratteristici dei paesi in via di sviluppo, sia quelli da alimentazione eccedente (malnutrizione per eccesso), più frequenti negli ambienti industrializzati.

L’articolo completo su https://www.nutriens.org/articoli/post/113565/malnutrizione:-cos%C3%A8-e-quando-si-manifesta

EDUCAZIONE ALIMENTARE NELL’INFANZIA

La nutrizione è la determinante principale della crescita e del corretto sviluppo del bambino. Influisce sull’espressione dei geni che controllano crescita e metabolismo. Ormoni, fattori di crescita e nutrienti interagiscono tra loro, quindi una malnutrizione (intesa come errato modo di alimentarsi) può essere causa di ritardo nella crescita.

Una corretta alimentazione è quindi un presupposto essenziale per una crescita corretta e sana e deve tener conto delle diverse fasi della vita del bambino, caratterizzate da esigenze nutrizionali, fisiologiche e comportamentali in evoluzione.

Concluso il periodo dello svezzamento, inizia la fase più delicata dell’educazione alimentare. Durante l’infanzia iniziano infatti a strutturarsi e consolidarsi gusti e abitudini alimentari (giuste o sbagliate) che accompagneranno il bambino per il resto della vita e che determineranno lo stile alimentare dell’età adulta.

L’educazione alimentare risulta quindi fondamentale già nei primi anni di vita. Per questo è importante mantenere corrette abitudini alimentari in famiglia, in modo da indirizzare il bambino verso uno stile alimentare salutare, poiché lo sviluppo delle abitudini alimentari è fortemente influenzato dalla struttura e dalle interazioni familiari. Se la famiglia ha abitudini alimentari corrette e relazioni interpersonali positive, si svilupperanno comportamenti alimentari corretti, senza eccessi o carenze.

Il genitore deve educare il bambino a una dieta sana ed equilibrata, non monotona, che alterni ogni giorno tutti i nutrienti in quantità adeguate, assicurando la presenza di un giusto equilibrio tra apporto di proteine animali e vegetali, di zuccheri semplici e complessi, di grassi animali e vegetali e che fornisca un giusto apporto di vitamine, minerali e fibra.

Nell’ottica di una corretta ed equilibrata alimentazione è importante prestare attenzione ad alcuni elementi:

1-  I segnali di fame-sazietà: il bambino che andrebbe alimentato secondo i propri stimoli fisiologici, rispettando il senso di autoregolazione che è già presente nei primi anni di vita (evitando ad esempio di forzarli a finire il piatto se sono sazi) per evitare una eccessiva introduzione di calorie (sempre più comune e sempre senza la consapevolezza da parte dei genitori, i quali hanno sempre paura che il bambino mangi troppo poco e mai troppo). Il che spesso in aggiunta ad una scelta sbagliata del tipo di alimenti e alla sempre più diffusa sedentarietà, porta ad un eccesso ponderale nel bambino. Le scelte alimentari errate sono spesso condizionate dalla aumentata disponibilità, a prezzi sempre più contenuti, di alimenti molto calorici e poco nutrienti, altamente palatabili e in grado letteralmente di stimolare l’appetito e creare addirittura dipendenza.

L’Italia è uno dei paesi con il maggior tasso di obesità infantile al mondo (circa un bambino su 5 è sovrappeso e uno su 10 francamente obeso). Condizione sicuramente dannosa per la salute del bambino perché lo predispone ad una quasi certa obesità da adulto (un bambino obeso ha un’alta probabilità di diventare un adulto obeso sia per le abitudini alimentari errate acquisite e che lo accompagneranno per tutta la vita sia per il numero di cellule adipose che si formano durante l’infanzia e che permangono per tutta la vita. Un adulto obeso è un adulto malato a rischio di patologie correlate con l’obesità che riducono la qualità e l’aspettativa di vita.

2-  La differenza tra fame e appetito: la fame è una reazione fisiologica l’appetito è più una risposta emotiva. Se un bambino ha fame si accontenta di un cibo sano come ad esempio un ortaggio, quando la richiesta è più legata al gusto (“voglia di qualcosa”) si tratta di appetito. In questo caso sarebbe meglio evitare di accontentare il bambino (sicuramente già adeguatamente nutrito) e magari distrarlo in attività interessanti in modo tale che si dimentichi velocemente della richiesta fatta! Questo aiuta anche a evitare spuntini extra fuori pasto a favore di un “ordine” dei pasti durante la giornata.

3-  La differenza tra carboidrati semplici e complessi: e quindi tra zuccheri (che si trovano in tutti i cibi confezionati ma anche  nelle bevande e nei succhi di frutta) e cereali, legumi ecc. Nella dieta del bambino non possono mancare i carboidrati complessi (nelle giuste dosi) che servono per una corretta crescita, ma è importante invece limitare quelli semplici poiché un utilizzo troppo frequente di questi prodotti oltre ad essere diseducativo espone il bambino a rischi potenziali di carie, alterazioni metaboliche (dislipidemie, iperglicemie, ipoglicemie, ecc) e lo predispone a sovrappeso e obesità.

4-  L’importanza della partecipazione: rendere i bambini partecipi di ciò che mangiano permette di far acquisire loro consapevolezza! Il metodo migliore è coinvolgerli già nella scelta degli alimenti da comprare e poi nel sistemarli in casa e infine nel cucinarli.

5-  L’importanza del mangiare insieme ai genitori: magari conversando con i genitori in modo tale che il tempo passato a tavola non li annoi (così da voler scappare quanto prima per tornare a giocare) devono imparare a mangiare con consapevolezza e non a ingurgitare il cibo senza neanche rendersi conto di cosa e quanto abbiano mangiato, cosa che accade ad esempio quando si consumano i pasti davanti alla televisione.

6-  L’importanza di mangiare le stesse cose dei genitori: anche i cibi poco graditi, magari mascherandoli in preparazioni più elaborate o presentandoli in maniera creativa in modo tale da divertire e stimolare la curiosità del bambino.

7-  L’importanza di unire una corretta nutrizione con una regolare attività fisica: i bambini stanno diventando sempre più sedentari, passando ore seduti a scuola, ore seduti a casa a fare i compiti prima e a guardare televisione e giocare con i videogiochi poi.

In conclusione in una società come la nostra, sempre più frenetica, nella quale i ritmi lavorativi costringono ad avere sempre meno tempo da dedicare benessere psicofisico, proprio e dei propri figli, capire l’importanza di un corretto stile di vita e quindi di una corretta educazione alimentare può essere la chiave per una vita in salute.

FONTI

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

Alimentazione fitness e salute, Marco Neri, Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, Elica editrice.

INTEGRAZIONE NUTRIZIONALE E SPORT

Oggi sempre più spesso ci si affaccia al mondo della palestra solo per finalità estetiche con l’unico scopo di “dimagrire” o aumentare il volume della propria massa muscolare. Sebbene a questo segua spesso un miglioramento della salute generale, le questioni di salute psicofisica o il miglioramento delle capacità prestative relative ad un determinato sport sono spesso sottovalutate.

D’altra parte è certo che migliorando l’aspetto fisico si contribuisce a determinare la propria autostima e la fiducia in se stessi, oltre al miglioramento di alcune funzioni metaboliche, e siamo quindi contrari ad una demonizzazione della pratica sportiva anche se iniziata con fini estetici.

Il problema si presenta nel momento in cui ancora prima di iniziare un programma di allenamento volto al raggiungimento di un determinato obiettivo (sia esso estetico o prestativo) si pensa di dover ricorrere ad una integrazione nutrizionale, invece di focalizzarsi sulle basi tecniche e la corretta alimentazione, ritenendo gli integratori dotati di “poteri magici” e in grado, da soli, di modificare la composizione corporea.

L’articolo completo su https://www.nutriens.org/articoli/post/20968/integrazione-e-sport-%E2%80%93-i-parte

LA DIETA CHETOGENICA

Sempre più spesso, in questo lavoro, ci si imbatte in pazienti che chiedono, senza sapere bene di cosa si tratti, diete a ridotto apporto glucidico, identificandole genericamente come “DIETA CHETOGENICA”. Questo avviene perché vanno “di moda”, generalmente in seguito a dichiarazioni da parte di qualche volto noto che ne elogia le caratteristiche e i rapidi risultati ottenuti.

Senza entrare troppo nel dettaglio, per non essere troppo prolissa, la dieta chetogenica nasce intorno agli anni 20, come terapia per l’epilessia, negli anni subisce diverse modifiche e prende diversi nomi (Atkins, Ducan, Paleo, MCT, LGIT, VLCKD, ecc.).

Tutti questi protocolli dietetici hanno come obiettivo l’induzione e il mantenimento dello stato di CHETOSI, distinguendosi in base alle modalità con cui questo viene indotto.

In condizioni fisiologiche l’organismo ricava energia, attraverso una serie di processi metabolici, a partire da glucosio circolante o da scorte di glicogeno (polimero del glucosio) che si trovano a livello muscolare ed epatico.

Quando si verificano però:

  • carenza di glucosio ematico (tipica del digiuno)
  • deplezione delle scorte di glicogeno (riserve di glucidi presenti nel fegato e nel muscolo) che riescono a fornire energia per circa 24 ore.

L’organismo è costretto a trovare fonti energetiche alternative agli zuccheri, e quindi mette in atto un processo metabolico che porta alla formazione di CORPI CHETONICI (e quindi all’insorgenza dello stato di chetosi). Queste sostanze, prodotte a partire da intermediari degli acidi grassi a livello epatico, sono le uniche, insieme agli zuccheri, in grado di passare la barriera ematoencefalica e portare nutrimento al cervello.

Nel protocollo originale (anni 20) l’induzione della chetosi avveniva mediante digiuno forzato per un periodo variabile dalle 12 alle 24 ore (previa ricovero ospedaliero). Alla fase di digiuno seguiva poi l’assunzione di pasti chetogenici e ipocalorici (con un apporto calorico gradualmente crescente rispetto al fabbisogno energetico giornaliero, 1/3, 2/3, 3/3 e una limitazione di assunzione dei liquidi). Questo tipo di protocollo nonostante abbia il vantaggio di raggiungere alti livelli di chetosi in tempi rapidi, ha l’inconveniente di necessitare un ricovero ospedaliero per la prima fase di digiuno e di essere poco applicabile nella vita quotidiana.

Per questo motivo sono state introdotte alcune varianti sia nella fase di induzione che nella struttura dietetica vera e propria. Le successive formulazioni prevedono un’induzione dello stato di chetosi più lenta (che si raggiunge in circa 24, 36 ore) innescata grazie ad una, più o meno progressiva, riduzione di carboidrati dalla dieta del paziente.

L’elaborazione di una dieta chetogenica ad oggi prevede di:

  • fissare un rapporto chetogenico (grassi:non grassi (proteine e carboidrati) che può variare da 1:1 a 4:1. Nel rapporto 4:1, ad esempio, la dieta sarà composta da 4g (9Kcal per grammo) di grassi per 1g (4 Kcal per grammo) di nutrienti non grassi (proteine e carboidrati) per un equivalmente calorico pari a 40Kcal ((4×9=36)+(4×1=4)).
  • stabilire il giusto apporto calorico giornaliero.
  • calcolare il numero di unità caloriche corrispondenti per ricavare il contenuto totale di nutrienti grassi e non (proteine e carboidrati).
  • sottrarre al totale di nutrienti non grassi il fabbisogno proteico stimato in base al peso corporeo del paziente per ottenere la quantità di carboidrati da inserire nel piano alimentare.
  • suddividere i nutrienti nei pasti giornalieri.
  • stimare l’apporto di fluidi e le integrazioni vitaminiche e minerali necessarie (poichè la scarsa assunzione di cibi amidacei e vegetali determina un basso apporto di vitamine e sali minerali e fibre).

In conclusione c’è da dire che, anche se, in effetti un regime dietetico a basso apporto glucidico è in grado di innescare un rapido dimagrimento (anche solo per il fatto che eliminando i carboidrati si riduce nettamente l’apporto calorico giornaliero), è un protocollo difficile da attuare, rispettare e mantenere nel lungo periodo anche perché si accompagna ad una serie di effetti collaterali che possono insorgere per carenze di alcuni nutrienti (vitamine e sali minerali) ed accumulo di altri (acidi grassi saturi, colesterolo).

Proprio perché potenzialmente rischioso per la salute  è necessario un continuo monitoraggio del paziente da parte di uno specialista del settore.

 

FONTI

Introduzione alla biochimica di Lehninger, Zanichelli.

Fondamenti di biochimica, Peck Ritter, Zanichelli.

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

Alimentazione fitness e salute, Marco Neri, Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, Elica editrice.

La cheto dieta, Maurizio Tommasini, Pickwik.

Congresso regionale ADI, Nuove frontiere della nutrizione clinica, Levico aprile 2016.

La dieta chetogenica: definizione e applicazioni cliniche nel paziente con eccesso di peso, Dr.ssa Dora Caterina Pultrone, Programma nazionale per la formazione continua degli operatori della Sanità.

La dieta chetogenica manuale informativo per il medico e il personale sanitario, Nutricia Metabolics.

 

LA RITENZIONE IDRICA

La ritenzione idrica è una condizione nella quale si verifica la tendenza a trattenere i liquidi (soprattutto nei tessuti in cui si hanno accumuli di grasso). Il segno principale della ritenzione è l’edema (rigonfiamento anomalo dei tessuti causato dall’accumulo di liquidi)

Ma quali sono le cause!?

Generalmente questa condizione si verifica per concomitanza di diverse situazioni, tutte riconducibili ad uno stile di vita poco salutare come:

  • ALIMENTAZIONE SCORRETTA.
  • STRESS.
  • PROBLEMI CIRCOLATORI.
  • SQUILIBRI ORMONALI (in particolare di quegli ormoni legati al ciclo mestruale, il che rende il genere femminile più suscettibile a questo disturbo).
  • SEDENTARIETA’.
  • DISIDRATAZIONE.
  • INTOSSICAZIONE DA FARMACI.
  • USO COSTANTE DI TACCHI ALTI E QUINDI L’ACQUISIZIONE DI UNA ERRATA POSTURA.
  • ABUSO DI FUMO E ALCOL.
  • DISFUNZIONI CARDIACHE, EPATICHE E RENALI.

Vista l’eziologia multifattoriale, non esistono rimedi facili per contrastare la ritenzione idrica. Non esiste alcuna formula magica che la facciano semplicemente sparire!!

Per ottenere qualche risultato bisogna rimboccarsi le maniche e iniziare a lavorare sulle cause scatenanti per cercare di migliorare il quadro clinico!

A meno di patologie, sulle quali dovrà intervenire il medico specialista, bisogna innanzitutto agire sull’alimentazione:

  • AUMENTANDO:
    • L’apporto di liquidi giornalieri (capita spesso che notando questo accumulo di liquidi si cerchi di bere meno nel tentativo di smaltirli, ma il problema alla base non è tanto l’iperidratazione quanto uno scorretto posizionamento dei liquidi nel corpo Bere poco non farà migliorare la situazione, anzi, farà si che il corpo trattenga ancora più liquidi! Aumentare invece l’idratazione, tenendo presente che molti alimenti, di origine vegetale come frutta e verdura, contengono grandi quantità di acqua, aiuterà il corpo a liberarsene più facilmente.
    • Il consumo di fibre.
  • LIMITANDO:
    • L’apporto di alimenti ricchi di sodio (senza eliminarlo del tutto perchè si potrebbe verificare l’effetto opposto a quello desiderato, per via dell’aldosterone, che in assenza di sodio tende a trattenere più liquidi)
    • L’assunzione di grassi saturi.
    • Il consumo di alimenti ad alto indice glicemico.
    • Il carico glicemico di ciascun pasto (l’insulina secreta in risposta all’assunzione di glucosio è uno degli ormoni coinvolti nella regolazione idro-salina. quando la sua concentrazione ematica risulta in eccesso determina vasocostrizione a livello della microcircolazione. Migliorando quindi il controllo insulinico la circolazione sanguigna e la distribuzione dei liquidi tende a migliorare).

Una volta regolata l’alimentazione ci si deve concentrare sull’attività fisica regolare che agisce su diversi piani:

  • Dove c’è muscolo non c’è edema! quindi modificando la conformazione corporea riducendo la massa grassa in favore di quella magra) si riduce il ristagno di liquidi (una corretta alimentazione aiuta anche in questo senso, favorendo il miglioramento della conformazione corporea)
  • L’attività fisica contribuisce a riattivare e rinforzare il microcircolo e quindi a ridurre il ristagno dei liquidi.
  • La contrazione muscolare facilita il ritorno venoso.

Quindi in conclusione non ci sono rimedi facili, tisane, creme, pasticche, bibitoni sono tutti falsi palliativi che non portano alcun vantaggio.

Per evitarne l’insorgenza o migliorare la situazione una volta manifestatasi, bisognava lavorare sulle cause scatenanti, tenendo anche presente che la predisposizione genetica gioca un ruolo importante, e cercare di migliorare il proprio stile di vita in maniera durature per evitare che tale condizione insorga, persista, o si manifesti nuovamente una volta debellata.

FONTI

Introduzione alla biochimica di Lehninger, Zanichelli.

Fondamenti di biochimica, Peck Ritter, Zanichelli.

Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi, Seu Società Editrice Universo.

Alimentazione e nutrizione umana, A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi, Il Pensiero Scientifico Editore.

Alimentazione fitness e salute, Marco Neri, Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, Elica editrice.

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